8 meraviglie tutte da scoprire
Il nostro Paese è ricco di meraviglie dal valore culturale, architettonico e naturale inestimabile, tanto che si pone ai primi posti per siti appartenenti al patrimonio mondiale Unesco: sono, infatti, 53 i beni dichiarati patrimonio materiale e 8 quelli appartenenti al patrimonio immateriale.
Il primo sito italiano a ricevere questo riconoscimento è stato il Sito preistorico della Valle Camonica in Lombardia e, da allora, sempre più regioni hanno cercato di promuovere i propri tesori artistici e culturali.
I primi siti Unesco in Campania sono stati riconosciuti solo a partire dal 1995. Nonostante il ritardo, però, la Campania oggi è tra le regioni italiane a vantare il maggior numero di beni e siti riconosciuti dalla Convenzione, ponendosi al 4 posto con i siti appartenenti esclusivamente al suo territorio.
La lista dei patrimoni materiali dell’Unesco in Campania include 6 luoghi. Molti di essi, però, sono aree molto vaste della regione, che comprendono al loro interno numerosi siti archeologici e, a volte, interi comuni:
– Centro Storico di Napoli
– Costiera Amalfitana
– Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata
– Il Palazzo Reale del XVIII secolo di Caserta con il Parco, l’Acquedotto Vanvitelliano e il Complesso di San Leucio
– Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano con i Siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula
– I Longobardi in Italia. I luoghi del potere
A questi 6 siti, si aggiungono 2 beni immateriali presenti all’interno della lista:
– Le Macchine dei Santi
– L’arte dei pizzaiuoli napoletani
L’itinerario che vi proponiamo oggi è alla scoperta di queste bellezze naturali, delle testimonianze archeologiche, delle ricchezze storico-artistiche e dei prodotti tipici locali, che conferiscono alla nostra regione un valore inestimabile.
Centro storico di Napoli
Il centro storico di Napoli, diviso in due dalla celebre strada Spaccanapoli, rappresenta il nucleo più antico della città fondata nel VI secolo a.C. con il nome di Neapolis.
Culla delle correnti artistiche di ogni epoca, da quella greco – romana a quella bizantina, da quella normanna a quella rinascimentale, fino alle opere contemporanee, essa risulta la più vasta area antica d’Europa: occupa 17 Km quadrati, cioè circa il 14,5% dell’intera superficie urbana.
L’area accoglie al suo interno numerosi quartieri: Avvocata, Montecalvario, San Giuseppe, Porto, Pendino, Mercato, Stella, San Carlo all’Arena, Chiaia, San Ferdinando, San Lorenzo, Vicarìa e parte delle colline del Vomero e Posillipo.
Dichiarato patrimonio dell’Umanità Unesco nel 1995, il centro storico di Napoli fu il primo bene in Campania ad essere inserito nella lista dei beni da tutelare.
Tra le motivazioni e i criteri si fa riferimento al valore universale e senza uguali della ricchezza del tessuto urbano, degli edifici e delle strade che conservano e testimoniano una storia millenaria ricca di eventi, che ha visto succedersi ed incrociarsi popoli e culture provenienti da tutta Europa.
Napoli, infatti, è una città molto antica, che racchiude 27 secoli di storia, sviluppatasi secondo un percorso storico che l’ha esposta a numerose influenze culturali, che hanno lasciato il segno nella struttura urbanistica e architettonica della città.
Il centro storico, in particolare, mostra ancora oggi lo schema urbano dell’antica Neapolis, che costituisce il modulo fondante del tessuto attuale del centro storico della città.
Al suo interno si possono trovare un numero particolarmente elevato di risorse culturali e artistiche: obelischi, monasteri, chiostri, musei, catacombe, statue, monumenti, palazzi storici, le vie del presepe e numerosi scavi archeologici, sia all’aperto che sotterranei.
Napoli, infatti, si caratterizza per il suo sviluppo in “altezza”: il fatto che la città poggi su di un terreno tufaceo ha favorito pratiche di sopraelevazione di edifici preesistenti, attingendo il materiale dalle cave sotterranee già utilizzate sin dal primo nascere della città.
Pochi resti possiamo vedere ancora oggi della città Greca delle origini, tra cui i resti delle mura difensive e alcuni elementi in via Mezzocannone. Sono più numerose, invece, le testimonianze dell’epoca Romana: si possono ancora vedere i resti del teatro antico, delle catacombe e vari reperti, alcuni visibili nei Musei mentre altri visibili all’interno delle zone archeologiche della città, tra cui l’area di San Lorenzo Maggiore.
Dell’epoca Svevo – Normanna, invece, l’edificio più celebre è sicuramente il Castel dell’Ovo. Costruito nel I secolo a.C. sull’isolotto di Megaride come villa di Lucio Licinio Lucullo, il sito cambiò diverse volte funzione e aspetto nel corso dei secoli, fino all’arrivo di Ruggiero il Normanno che, conquistando Napoli nel XII secolo, fece del sito la sede del proprio Castello.
A causa di diversi eventi che hanno in parte distrutto l’originario aspetto normanno e grazie ai successivi lavori di ricostruzione avvenuti durante il periodo angioino ed aragonese, la linea architettonica del castello mutò drasticamente fino a giungere allo stato in cui si presenta oggi.
Il Castello, annesso oggi allo storico rione di Santa Lucia, è oggi visitabile; al suo interno si svolgono mostre, convegni e manifestazioni mentre alla sua base esterna sorge il porticciolo turistico del Borgo Marinari, animato da bar e ristoranti e sede di numerosi circoli nautici.
Al periodo successivo di dominazione Angioina risalgono, invece, gli altri due castelli simbolo della città: Castel Nuovo, anche conosciuto come Maschio Angioino, e Castel Capuano.
Periodo di fortificazioni difensive fu anche quello Aragonese, epoca a cui risale il Palazzo Reale che, insieme alla Basilica di San Francesco di Paola, incornicia Piazza del Plebiscito. L’edificio oggi è sede di una delle più grandi biblioteche d’Italia, la Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III.
E’ al XIX secolo, però, che risale la grande riorganizzazione degli spazi e della planimetria cittadina, che rese Napoli la metropoli che possiamo vedere oggi. Una città che riesce a fondere antico e moderno come nessun’altra.
Costiera Amalfitana
Due anni dopo l’iscrizione alla lista Unesco del primo sito in Campania, arriva il riconoscimento anche per un altro grande centro urbano: la Costiera Amalfitana.
Essa si trova lungo la costa tirrenica dell’Italia meridionale e si estende per circa 11.000 ettari tra il golfo di Napoli e il golfo di Salerno.
Prende il nome dalla città di Amalfi, nucleo centrale della Costiera non solo geograficamente ma anche storicamente e comprende ben 13 comuni della provincia di Salerno: Amalfi, Atrani, Cetara, Conca dei Marini, Furore, Maiori, Minori, Positano, Praiano, Ravello, Scala, Tramonti, Vietri sul Mare.
I suoi paesaggi mediterranei dal grandissimo valore culturale e naturale l’hanno resa, specialmente a partire dagli anni ’50, una delle mete predilette dall’élite mondiale: la first lady Jacqueline Kennedy, il re Vittorio Emanuele III di Savoia, l’imprenditore Gianni Agnelli, le attrici Grace Kelly, Greta Garbo e Sophia Loren, nonché il ballerino Rudolf Nureyev hanno tutti scelto la Costa d’Amalfi per i loro soggiorni.
Sebbene i comuni costieri siano diversi l’uno dall’altro, ognuno con le sue tradizioni e le sue peculiarità, sono tutti caratterizzati dalla presenza di numerose testimonianze storico – artistiche che ne rappresentano l’identità delle origini: dalle ville romane di Minori e Positano all’architettura medievale, dalle torri costiere alle cattedrali romaniche, dai preziosi manufatti dell’oreficeria alle meraviglie naturalistiche.
A questo si aggiungono i numerosi prodotti tipici, come il Limone Costa d’Amalfi e le Alici di Cetara.
Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata
Nello stesso anno, nel 1997, anche le aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata sono state inserite all’interno della lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.
La motivazione è da ricercare nella unicità di questi luoghi: essi costituiscono una testimonianza completa e vivente della società e della vita quotidiana romana, e non trovano equivalente in nessuna parte del mondo.
Come è noto, le 3 città furono sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., facendo di esse dei resti archeologici, progressivamente portati alla luce e resi accessibili al pubblico a partire dalla metà del secolo XVIII.
Tutte e 3 le aree hanno delle peculiarità che le rendono, seppur simili, estremamente diverse: la vasta estensione della città commerciale di Pompei sicuramente contrasta con i resti, più ridotti ma meglio conservati, della città di Ercolano; gli splendidi affreschi di Torre Annunziata, ben conservati, invece, mostrano lo stile di vita di cui godevano i ceti più facoltosi dell’impero.
Pompei
Pompei sicuramente è l’unica delle 3 città ad essere in grado di fornire un quadro completo dell’antica città romana. Nonostante, infatti, fosse una città di villeggiatura del popolo romano, essa custodisce al suo interno una serie di edifici domestici, allineati lungo strade ben pavimentate, tra cui spiccano senz’altro la Casa del Chirurgo, la Casa del Fauno e dei Casti Amanti.
La piazza principale, invece, è affiancata da numerosi edifici pubblici imponenti, come il Capitolium, la Basilica e i templi. Al suo interno troviamo, ancora, i bagni pubblici, due teatri ed un anfiteatro.
Sicuramente l’edificio più importante è la Villa dei Misteri: un’enorme edificio che prende il nome dai suoi splendidi affreschi, raffiguranti i riti di iniziazione (i misteri, appunto) del culto di Dioniso. La villa, costruita nel II secolo a.C. ebbe il suo periodo di massimo splendore durante l’età augustea, quando fu notevolmente ampliata ed abbellita, ma cadde in rovina in seguito al terremoto del 62 d.C. Fu trasformata, infatti, in villa rustica con l’aggiunta di numerosi ambienti ed attrezzi agricoli, come i torchi per la spremitura dell’uva.
Ercolano
Di Ercolano, il cui nome deriva dalla leggendaria fondazione della città da parte di Ercole, sappiamo molto meno a causa della profondità a cui è stata sepolta. Tuttavia, i pochi edifici portati alla luce risultano meglio conservati di quelli della città vicina: i Bagni, il Collegio dei Sacerdoti di Augusto e il teatro sono quasi intatti.
Si conservano, inoltre, la casa del Bicentenario e la Casa dei Cervi, che hanno ampi cortili e una ricca decorazione, e diverse botteghe commerciali, in cui sono stati ritrovati diversi orci e giare, utilizzati per il trasporto delle derrate alimentari.
Infine, uno degli edifici più noti è la Villa dei Papiri, così chiamata per la presenza al suo interno di una biblioteca con oltre 1800 papiri.
La villa, appartenuta con ogni probabilità a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare, è una costruzione opulenta: costruita a strapiombo sul mare, ha una lunghezza di oltre duecentocinquanta metri e si innalza su 3 livelli. Il suo ingresso, che affacciava direttamente sul mare, è preceduto da un portico con colonne, simile a quello della Villa dei Misteri a Pompei. Progettata con una serie di cunicoli nel XVIII secolo, solo una piccola parte oggi risulta accessibile.
Torre Annunziata
Gli scavi di Oplontis si trovano al centro della moderna città di Torre Annunziata e costituiscono un centro decisamente più piccolo delle vicine Ercolano e Pompei, di cui, probabilmente, costituiva un quartiere suburbano residenziale.
Il suo nome, sulle cui origini ci sono ancora molti dubbi, è attestato nella Tabula Peutingeriana, una copia medievale di una antica mappa relativa alle strade dell’epoca romana: in questa mappa si indicavano con questo nome alcune strutture posizionate proprio tra Pompei ed Ercolano.
Essa costituiva un rinomato luogo di villeggiatura, con saline e complessi termali. Al suo interno si trovano numerose ville importanti, di cui l’unica visitabile è la Villa di Poppea, attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone.
Costruita nel I secolo a.C., l’architettura dell’abitazione conserva i caratteri fondamentali della tradizione romana: la sua pianta risulta molto complessa e viene generalmente divisa in 4 aree, anche se ancora oggi non è stata redatta con certezza in quanto non esplorata totalmente.
Al suo interno si trovano pitture e affreschi in ottimo stato di conservazione che rappresentano animali, tra i quali magnifici pavoni, maschere teatrali e nature morte.
Il Palazzo Reale del XVIII secolo di Caserta con il Parco, l’Acquedotto Vanvitelliano e il Complesso di San Leucio
Ancora nel 1997, ad un terzo sito campano fu assegnato il riconoscimento Unesco: il complesso monumentale di Caserta. Esso fu scelto in quanto rappresentante del capolavoro del genio creativo dell’architetto Luigi Vanvitelli, al quale il re Caro di Borbone aveva affidato, nel 1750, la realizzazione di quella che doveva essere la nuova capitale del Regno di Napoli, al cui centro sorgeva la reggia.
Il sito è composto dal sontuoso Palazzo con il parco, i giardini, una zona boscosa, l’Acquedotto Carolino e il complesso industriale di San Leucio, destinato alla produzione di tessuti in seta.
Il complesso reale, fulcro dell’intera composizione, si ispira ai modelli delle grandi residenze europee del tempo come Versailles o il Palazzo Reale della Granja di San Ildefonso. Dal punto di vista architettonico, la reggia è un’opera che ha fortemente influenzato lo sviluppo urbanistico delle aree limitrofe, ponendosi come mirabile esempio della sintesi tra tradizione barocca e nuovi influssi neoclassici.
L’enorme parco di 120 ettari, che si sviluppa in lunghezza per circa 3 km, è solo una versione ridotta di quello che Luigi Vanvitelli aveva progettato: dopo la sua morte, avvenuta nel 1773, subentrò il figlio Carlo che mostrò al nuovo re Ferdinando IV un nuovo progetto, una versione ridotta del progetto di suo padre. Infatti, le difficoltà economiche e l’esigenza di completare i lavori più rapidamente, costrinsero a ridurre il numero delle fontane nella seconda parte del parco.
Le fontane del parco sono alimentate dall’Acquedotto Carolino, che fu inaugurato nel 1762 da re Ferdinando IV. Quest’opera, che attinge l’acqua a 41 km di distanza, è per la maggior parte costruita in gallerie, che attraversano 6 rilievi, e 3 viadotti.
Esso costituisce una vera e propria infrastruttura a servizio non solo del palazzo e dei giardini ma anche delle ferriere, dei mulini, delle industrie manifatturiere disposte lungo il percorso e, infine, del complesso di San Leucio.
La colonia di San Leucio rappresenta una tappa fondamentale della cultura illuministica settecentesca e, soprattutto, dello sviluppo industriale e tecnologico del territorio campano. Essa si sviluppa intorno al palazzo nobiliare, costruito dai principi Acquaviva nel XVI secolo e acquistato da Carlo di Borbone con l’obiettivo di ottenere una “bella vista”, da cui il nome di “Belvedere di San Leucio”.
L’antico Casino del Belvedere fu trasformato dai Borbone in luogo di “Reali Delizie”, cioè di svago e divertimento ma anche di caccia e sviluppo agricolo.
Con l’arrivo di re Ferdinando IV di Borbone, il palazzo venne ristrutturato: la grande sala delle feste fu trasformata in chiesa parrocchiale, dedicata a San Ferdinando Re; in seguito, il re affidò all’architetto Francesco Collecini il compito di ampliare tutto l’edificio, destinato ad ospitare un opificio serico.
L’antico Casino divenne così il corpo centrale di un grande edificio rettangolare con cortile interno comprendente, oltre agli appartamenti reali, e abitazioni per i maestri e direttori della fabbrica, una scuola, una sala per la filanda, un incannatoio, un filatoio e altri locali per la manifattura.
L’obiettivo del re era quello di dar vita ad una comunità autonoma di lavoratori (chiamata Ferdinandopoli), a cui venivano garantite case, scuole, l’assistenza medica e tutti i servizi, simbolo di un modello di società basato sui valori del lavoro e dell’uguaglianza.
Gli edifici (che sono ancora oggi abitati) furono progettati secondo le regole urbanistiche dell’epoca e fin dall’inizio furono dotati di acqua corrente e servizi igienici.
Il Belvedere di San Leucio è oggi sede del Museo della Seta, all’interno del quale si possono ammirare alcuni antichi telai e macchinari originali per la filatura della seta.
Vi aspetto la prossima settimana per la seconda parte di questo itinerario sui siti Unesco in Campania.
4 Commenti finora
maria rosaria neseScritto il 6:44 pm - Feb 6, 2019
invero le meraviglie sarebbero 9… fra i beni immateriali c’è anche la Dieta Mediterranea che per l’Italia ha in Campania – e precisamente nel Cilento – la sua ‘comunità emblematica’.
Marianna AmbrosinoScritto il 7:15 am - Feb 7, 2019
Ciao. E’ vero, anche la dieta mediterranea fa parte del patrimonio immateriale Unesco e, infatti, è presente all’interno dell’elenco stilato. Puoi consultarlo al link: http://www.hetor.it/dataset/beni-italiani-unesco. Non è stata inserita all’interno dell’articolo, però, in quanto esso si riferisce al patrimonio campano e la dieta mediterranea non rientra solo in questo territorio bensì in tutta l’area mediterranea. 🙂
lorenzoScritto il 6:38 pm - Dic 7, 2019
non è vero. se legge il dossier di candidatura dell’UNESCO troverà che la comunità emblematica indicata per la dieta mediterranea è Pollica nel Cilento e quindi universalmente si tratta di un riconoscimento per la Campania. e a breve ci sarà anche la transumanza.
Marianna AmbrosinoScritto il 10:12 am - Dic 10, 2019
In realtà la sede della “Fondazione dieta mediterranea” si trova ad Ostuni, come si vede sul sito (https://www.fondazionedietamediterranea.it/la-fondazione/la-sede/). Il riconoscimento, inoltre, è internazionale, come si legge ancora sul sito alla sezione “riconoscimento unesco” (https://www.fondazionedietamediterranea.it/la-fondazione/il-riconoscimento-unesco/). Anche sul sito ufficiale dell’Unesco, la dieta mediterranea è indicata come appartenente al patrimonio di Croazia, Cipro, Grecia, Italia, Marocco, Portogallo e Spagna (https://ich.unesco.org/en/dive&display=domain#tabs). A Pollica, invece, si trova il Museo vivente della Dieta Mediterranea.
In ogni caso per noi è un riconoscimento anche per la nostra amata regione e, infatti, è stata inserita all’interno dell’elenco. Nell’articolo, tuttavia, abbiamo preso in considerazione il patrimonio appartenente esclusivamente alla Campania.